La sindrome del branco annulla ogni singola individualità e ad essa sostituisce una individualità collettiva. Questa, in date situazioni, fa emergere in tutta la sua limpidezza, l’animo più nero che alberga in ogni suo singolo componente, esaltando e moltiplicando la sua verace essenza, svelandone infine tutta la carica negativa, violenta e predatoria della sua intima natura. In questi giorni abbiamo assistito ad un esempio lampante di ciò che abbiamo appena sostenuto.
In una sala di Bergamo, colma della peggiore specie umana – quegli imprenditori, borghesi predatori di vite e energie proletarie – è andato in scesa un fragoroso, continuato e liberatorio applauso. A cosa si è dovuta questa ovazione? La sala, in cui era riunito il branco, evidentemente compresso e preoccupato, voglioso di poter esprimere liberamente i propri reconditi e sinceri pensieri, è letteralmente esplosa in un sabba di battimano all’entrata dell’amministratore delegato della Thyssen Group.
Questa persona è accusata e condannata in prima istanza a 16 anni per omicidio volontario di 7 operai suoi dipendenti, in un drammatico rogo scoppiato nelle acciaierie di Torino nel 2007; rogo avvenuto proprio a seguito di nefaste decisioni assunte da questo figuro e dai suoi superiori.
Ci permettiamo allora di avanzare la seguente riflessione: premesso che utilizziamo la semplice convenzione sociale, universalmente adottata, nella quale chi applaude approva, e chi fischia disapprova, possiamo allora dedurre che decine e decine di imprenditori approvano – e si spellano le delicate e curate mani per dimostralo – i comportamenti tenuti dal a. d. di Thyssen Group. Proprio la spontaneità del gesto conferma questa nostra tesi e certo non migliorano la situazione le pelose scuse presentate dal direttore generale di Confindustria (il nome con cui il branco si presenta e in cui si riconosce). Egli infatti, dopo formali e sentitissime scuse, avanza un ma, e sottolineiamo 1000 volte questo ma, nel quale spiega a suo modo il fattaccio, avvenuto secondo lui, in quanto “le imprese si trovano preoccupate per l’estrema incertezza del diritto in Italia”.
Come a dire: “ I fatti della Thyssen non ricadono in una fattispecie penale giuridica. I fatti della Thyssen sono fatti economici. Non è omicidio, per dio! È economia!”.
I proletari sanno fin troppo bene che sull’altare di questa economia, altare sacro anche per i giudici borghesissimi dello Stato, il branco pretende e spesso ottiene, soprattutto in tempi di crisi, che venga immolato l’agnello sacrificale. E di qui il distinguo, lo stupore, lo sdegno del branco e del suo direttore generale. Non si può condannare un imprenditore se egli ha cercato di estrarre qualche euro in più di profitto. Questo profitto infatti è finito, in una economia come la nostra, anche nelle tasche di chi oggi con l’applicazione di una giustizia incerta ha calpestato il procedere del progresso e quindi di una giustizia certa. Ovvero la società è cosa nostra e quindi non disturbate il manovratore.
Finiamola qua e concludiamo. Non saremo certamente noi a chiedere che la giustizia per la morte dei nostri compagni sia decretata da borghesissimi tribunali, e non saremo certo noi a dichiaraci soddisfatti anche se un domani le inspiegabili condanne verranno confermate dai successivi gradi di giudizio. Al contrario ci chiediamo e vi chiediamo cari fratelli e compagni proletari: che cosa intendiamo fare? Vogliamo accettare supinamente il ruolo di agnello sacrificale, ancora per decenni o secoli? Vogliamo continuare a versare il nostro sangue sull’altare di un profitto e di una ricchezza prodotta dalle nostre membra e dalla nostra fatica quotidiana; ricchezza che malgrado questo neppure lontanamente ci sfiora? Vogliamo accettare di essere paragonati alla stregua di una macchina, di una merce, che in dati casi è non solo auspicabile ma doveroso eliminare per colmare gli stomaci ed i portafogli del famelico branco e delle sue leggi economiche? Vogliamo rimanere inermi di fronte ad una borghesia che applaude impunita un suo membro giudicato colpevole di omicidio volontario di nostri sette compagni?
Quand’è che ci organizzeremo per costruire un fronte compatto e potente che imponga al branco la nostra economia di specie e la nostra giustizia di classe, liberandoci definitivamente del ruolo impostoci di agnello sacrificale?
ontanorosso
economia di specie?