Precari Auto-crocefissi a Malpensa

http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/07/20/malpensa-precari-in-croce-manifestano-da-venti-giorni/

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COMUNICATO SULLA LOTTA ALLA TNT

A tre giorni dall’inizio del picchetto permanente (dopo due giornate di scioperi e la susseguent e repressione dell’azienda che ha lasciato fuori dal cancello tutti gli iscritti al Cobas) le istituzioni locali hanno deciso di scendere in campo e anticipare così l’incontro previsto per venerdì prossimo con la presenza del sottosegretario al Ministero dei trasporti Giachino (ex-dirigente della TNT, ndr).. Troppo era il danno provocato dal picchetto, troppo alta la posta in gioco, da un punto di vista politico ed economico; troppo rischioso ricorrere al mero uso della forza pubblica per dirimere (ovviamente a senso unico) la questione.
E’ stata così convocata una riunione in prefettura presenti i dirigenti delle cooperative e della TNT, esponenti del consiglio comunali fra cui il sindaco, funzionari della provincia, il console egiziano, la questura e le OO.SS (Si.Cobas, CGIL, CISL) con i delegati dei lavoratori (tutti Si.Cobas).
Oggetto del contendere: 1) l’imposizione del rispetto del CCNL da parte della Gesco 2) Il reintegro nel sito di Piacenza degli operai in sciopero.
Risparmiamo ovviamente ai lettori la verbalizzazione dettagliata della solita noiosa tiritera tipica di ogni trattativa; ci limitiamo a segnalare che per oltre due ore la discussione verteva intorno alla richiesta che gli operai facessero un passo indietro liberando il picchetto (che stava ancora bloccando oltre una decina di camion fermi ormai da venerdì) come segnale utile ad influenzare positivamente l’incontro di venerdì con la presenza del Ministero; in poche parole: t ornate a casa e fidatevi delle intenzioni dell’azienda.
Ma troppo evidenti erano tanto gli illeciti (sia contrattuali che fiscali) della Gesco, quanto la volontà di non mollare dei lavoratori (intanto giungeva voce che davanti ai cancelli oltre 200 persone si stavano concentrando in attesa degli esiti della trattativa), per permettere alla Gesco (e alla TnT) di continuare il proprio giochetto. Anzi possiamo dire che la delegazione del Si.Cobas, alzando semplicemente i toni politici della discussione ha strappato l’alleanza momentanea di CGIL, PrC , sindaco e infine anche Prefettura.
L’esito finale è stato quindi un verbale d’incontro dove tutte le par ti si impegnano a verificare l’applicazione integrale del CCNL, mentre Gesco-TNT hanno dovuto garantire il reintegro dei licenziati e il pagamento delle giornate perse a causa del picchetto; conseguentemente gli operai si sono presi l’impegno di liberare i cancelli.
Sulla base dell’esito della trattativa, fra le grida di giubilo degli operai, è svolta quindi un’assemblea davanti ai cancelli per decidere come proseguire la battaglia dato che, nonostante tutta la sua positività, non si è andati oltre (né si poteva) un semplice verbale. Queste le decisioni prese:

Si rimuove il blocco, ma non il presidio antistante come strumento d i pressione e di controllo sull’effettiva applicazione di quanto verbalizzato.
Viene annullata la manifestazione prevista per giovedì sostituendola con un incontro, alle ore 19.00, fra delegati di varie cooperative che si sono unite alla lotta partecipando permanentemente al picchetto, con l’obiettivo di estendere la lotta e organizzarla praticamente.
Chiedere di poter svolgere un’assemblea interna al magazzino, nell’ora di pausa , con l’obiettivo di coinvolgere l’insieme dei lavoratori, parte dei quali non hanno preso parte alla battaglia e informarli sull’iter della trattativa.

In conclusione possiamo dire che tutto fa pensare che per l’azienda sarà davvero difficile proseguire sulla strada dello sfruttamento selvaggio di questi anni, mentre è indubbio che, con la lotta, gli operai si sono già conquistati quell’agibilità e quella dignità che finora erano state negate dai padroni.
Ma più ancora di tutto questo, lo ripetiamo, conta il fatto che migliaia di persone del piacentino (e non solo) ora sanno che è possibile alzare la testa, organizzarsi e lottare, aprendo così una prospettiva di lotta generalizzata che possa finalmente tradurre in pratica la consapevolezza di molti rispetto alla necessità di contrastare con forza l’intero sistema di supersfuttamento delle cooperative e con esso del regime di neo-schiavismo a cui rispondono.
Non sono stati affatto pochi i/le compagni/e che, partecipando a queste intense giornate di lotta davanti alla TNT, se ne sono accorti di persona.
Piacenza 18-07-2011
Sindacato Intercategoriale Cobas

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TUTTE E TUTTI A SOSTENERE I LAVORATORI TNT TRACO DI PIACENZA LUNEDI’ 18 LUGLIO DALLE 17.00!!

Dopo gli scioperi con pic chettaggio dei cancelli della piattaforma logistica TNT Traco di Piacenza di venerdì 7 luglio e giovedì 14 luglio anche ieri, venerdì 15, la lotta dei lavoratori delle cooperative Vega e Stella del gruppo Gesco Nord hanno continuato la mobilitazione con il blocco dei camion.
I lavoratori di queste due cooperative sono tutti immigrati e quindi costretti a subire tutte le forme di ricatto legate al possesso del permesso di soggiorno.
La piattaforma di lotta è diretta ad ottenere l’applicazione del contratto nazionale di categoria e il riconoscimento della propria agibilità sindacale autorganizzata e sganciata dai s indacati confederali collaborazionisti.
Le condizioni di lavoro e salariali che i lavoratori quotidianamente sono costretti a subire sono assolutamente invivibili: flessibilità oraria totale per gestire i carichi di lavoro, lavoro a chiamata, pagamenti in nero, imposizione di pause non retribuite durante il turno notturno.
L’arbitrio padronale e le trattative fasulle di queste settimane si traducono oggi in una serrata e nella volontà di licenziare oltre un centinaio di lavoratori in lotta.
Nonostante la forte repressione padronale i lavoratori, e le realtà solidali, continuano con un presidio permanente davanti ai cancelli, con il lancio di prossime iniziative e manifestazioni tese ad investire tutto il territorio e a coinvolgere altri luoghi di lavoro del comprensorio logistico e produttivo.
Il Coordinamento di sostegno alle lotte dei lavoratori delle cooperative, che da anni promuove le mobilitazioni contro lo sfruttamento e la precarietà nel comparto della logistica, è presente attivamente anche in questa lotta.
Dopo gli scioperi con pic chettaggio dei cancelli della piattaforma logistica TNT Traco di Piacenza di venerdì 7 luglio e giovedì 14 luglio anche ieri, venerdì 15, la lotta dei lavoratori delle cooperative Vega e Stella del gruppo Gesco Nord hanno continuato la mobilitazione con il blocco dei camion.
I lavoratori di queste due cooperative sono tutti immigrati e quindi costretti a subire tutte le forme di ricatto legate al possesso del permesso di soggiorno.
La piattaforma di lotta è diretta ad ottenere l’applicazione del contratto nazionale di categoria e il riconoscimento della propria agibilità sindacale autorganizzata e sganciata dai s indacati confederali collaborazionisti.
Le condizioni di lavoro e salariali che i lavoratori quotidianamente sono costretti a subire sono assolutamente invivibili: flessibilità oraria totale per gestire i carichi di lavoro, lavoro a chiamata, pagamenti in nero, imposizione di pause non retribuite durante il turno notturno.
L’arbitrio padronale e le trattative fasulle di queste settimane si traducono oggi in una serrata e nella volontà di licenziare oltre un centinaio di lavoratori in lotta.
Nonostante la forte repressione padronale i lavoratori, e le realtà solidali, continuano con un presidio permanente davanti ai cancelli, con il lancio di prossime iniziative e manifestazioni tese ad investire tutto il territorio e a coinvolgere altri luoghi di lavoro del comprensorio logistico e produttivo.
Il Coordinamento di sostegno alle lotte dei lavoratori delle cooperative, che da anni promuove le mobilitazioni contro lo sfruttamento e la precarietà nel comparto della logistica, è presente attivamente anche in questa lotta.

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Piacenza, Tnt bloccata: “Lavoratori stranieri ricattati e costretti a turni di 16 ore”

Piacenza, Tnt bloccata: “Lavoratori stranieri ricattati e costretti a turni di 16 ore”

Smistamento bloccato almeno fino a lunedì. Il sindacato: “Sono assunti a tempo indeterminato, ma non tutti i giorni vengono impegnati e quindi retribuiti. E’ una sorta di caporalato mascherato. Pena il licenziamento e la revoca del permesso di soggiorno”

Trecento lavoratori della Tnt di Piacenza, una delle aziende leader nel mondo per la logistica e trasporti, si sono fermati davanti ai cancelli del polo di smistamento nord-sud rifiutandosi di entrare perché non più disposti “a essere trattati come bestie“.

I turnisti, per la maggior parte egiziani, tunisini e marocchini, si sono quindi radunati all’entrata dell’enorme polo di smistamento della Tnt con bandiere italiane ed egiziane per protestare contro le cooperative che si occupano dell’assunzione dei dipendenti della Tnt.

AlmaStella, questi i nomi delle due cooperative, sono in sostanza dei contenitori che ciclicamente cambiano nome e struttura per il reclutamento dei turnisti. Ma perché 500 dipendenti tengono in scacco il più grande polo di smistamento del nord Italia?

“La ragione è semplice – sostiene Aldo Milani del sindacato intercategoriale Cobas – qui ci sono contratti nazionali firmati da Cgil, Cisl e Uil che non valgono. Queste persone, per la maggior parte, sono assunte a tempo indeterminato, ma la sera devono presentarsi qui alle 18.30 per lavorare e non tutti vengono fatti entrare”. Una specie di capolarato mascherato “con il ricatto che se qualcuno dice qualcosa, minacciano di stracciare il contratto e renderli illegali per la giustizia italiana e quindi a rischio espatrio”.

Ogni sera quindi, circa il 40% di questi lavoratori rimane in strada senza percepire lo stipendio nonostante la forza di un contratto a tempo indeterminato e chi entra è costretto a fare turni fino a 16 ore continuative.

Da qui, la rabbia dei turnisti che hanno occupato i cancelli della Tnt impedendo l’entrata e l’uscita dei tir, che sono incolonnati per chilometri lungo il perimetro del polo logistico piacentino e le operazioni di in e out completamente bloccate: Poste italiane, parte dei trasporti esteri e i collegamenti tra i poli nord-sud sono quindi congelate fino alla fine della protesta che potrebbe anche terminare lunedì, visto che proprio quel giorno e’ stato gia’ calendarizzato un incontro tra l’azienda e i Cobas per chiedere l’applicazione del contratto nazionale.

Alla protesta davanti ai cancelli della Tnt si sono aggiunti anche molti turnisti di altre aziende dilogistica e trasporti, come Gls AF di Lodi perché le condizioni di lavoro all’interno della Tnt non sembrano essere un solo episodio isolato.

 

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Convocazione Assemblea 11 Giugno

Chi siamo?

Siamo operai, salariati di ogni settore, sottoccupati (infognati nelle cooperative, nelle  interinali o semplicemente lavoratori in nero), studenti, pensionati… insomma, proletari stanchi di vedere ogni giorno peggiorare le nostre condizioni di vita e di lavoro, a causa di un sistema economico entrato in crisi in tutto il mondo. Un sistema che ci spinge ad una serie di utilissime (per i padroni) guerre tra poveri, che si scannano per le briciole (la casa, il posto…), quando queste non vengono nemmeno più ridistribuite, perché in tempi di magra i padroni vogliono prendersi tutta la torta.

Se il sistema non funziona, e crea sempre più miseria, sfruttamento, disoccupazione e guerre, forse è giunto il tempo di sbarazzarcene. Ma per poterlo fare abbiamo bisogno di cominciare almeno a difenderci, e a questo scopo partiti parlamentari, istituzioni e sindacati non servono a nulla. Questi signori sono implicati a tal punto nelle maglie del capitalismo, che non sono più in grado neanche di indorare le pillole al veleno che imprenditori sempre più rapaci continuano a propinarci… Dal “piano Marchionne” ai licenziamenti di massa, dalla precarietà all’impoverimento crescente, non si è ancora vista una seria risposta proletaria a questi attacchi, se non quando alcuni operai messi alla porta dal padrone, hanno reagito nell’unico modo possibile: lottando, senza l’aiuto del sindacato – che tutt’al più si è limitato a inseguirli a lotta iniziata, cercando di deviarli sul binario morto degli ammortizzatori sociali, mentre  la lotta era e sempre più sarà per il mantenimento del posto. Infatti, ai licenziamenti e alle chiusure aziendali, per gli operai seguono inevitabilmente anni di divisioni, solitudine, reinserimento per pochi e disoccupazione per molti, povertà e indebolimento per tutti… Nei primi mesi di vita di questa assemblea abbiamo discusso soprattutto di questo: come reagire da parte operaia e proletaria al continuo ricatto padronale, dettato dalla crisi di un sistema che non ci appartiene, e di cui non vogliamo salvare niente e nessuno – tanto meno chi cerca di convincerci che sia ancora possibile concertare, mediare, trovare dei punti di incontro tra i nostri interessi e i loro profitti.

La nostra assemblea è  entrata in contatto con gli operai della Verlicchi, che hanno sorpreso i “topi” del padrone mentre di notte tentavano di rubarsi le presse; a loro abbiamo fatto conoscere l’esperienza di quelli della INNSE di Milano, che dopo un anno e mezzo di lotta intransigente, hanno ottenuto la riapertura della “loro” officina… Siamo stati al fianco degli operai della Terim di Modena, che a dispetto della burocrazia sindacale, per 13 giorni hanno tenuto in piedi un picchetto per scongiurare il licenziamento di 40 operai “scomodi”… Siamo stati con gli operai della Titan, che il 1° marzo hanno allargato lo sciopero dei migranti a tutti i lavoratori dell’azienda, e ritenendolo uno sciopero di interesse operaio, lo hanno fatto di otto ore, italiani e stranieri insieme… Siamo stati nelle piazze durante gli scioperi sindacali, per affermare che gli scioperi vanno estesi e approfonditi, e che i proletari devono pretendere più salario anche in un momento di crisi come questo, perché il carovita continua e i salari, quando ancora ci sono, rimangono fermi. A Bologna, siamo stati in piazza contro gli arresti dei militanti di “Fuoriluogo” e la chiusura della loro sede, non solo perché tra loro c’è un compagno che finché era libero, stava con noi nell’assemblea e davanti ai cancelli delle fabbriche in lotta, ma perché riteniamo questi arresti un’intimidazione rivolta a tutti quelli che vogliono alzare la testa, e non solo agli anarchici.

Crediamo però che la lotta più utile e indispensabile a un cambiamento di sistema sia quella nei luoghi di lavoro, dove gli operai e i proletari devono organizzarsi indipendentemente dai sindacati, fare gruppo e decidere direttamente le forme di lotta da mettere in campo, per non essere svenduti  agli interessi padronali.

Quello che vogliamo è che questi operai non siano soli a lottare, che si connettano tra loro e con i proletari in lotta di altri settori; che si connettano con gli studenti che hanno scelto il campo proletario, per fare conoscere queste lotte e prenderle ad esempio… non per creare  un altro inutile sindacato, ma un unico fronte di classe.

Ci sentiamo parte di una classe mondiale che ha bisogno urgente di organizzarsi territorialmente e collegarsi, per non soccombere alla crisi di un sistema che non ci appartiene, ma continua ad avvelenarci, sfruttarci e buttarci via.

Sabato 11 giugno, ore 17, al circolo Iqbal Masih, via della Barca 24/3

ASSEMBLEA PROLETARIA per l’autorganizzazione delle lotte

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Significativa lotta alla Ceva Logistica di Cortemaggiore (Pc)

Riceviamo e pubblichiamo un comunicato pervenutoci dai compagni del Commitato Antirazzista di Milano

Martedì 24 maggio ore 5,30: una quindicina di operai e altrettanti
militanti del coordinamento di sostengo alla lotta delle cooperative
si ritrovano a Cortemaggiore (PC), presso la Ceva Logistica, per dare
inizio all’ennesimo sciopero con cui, da ormai tre anni, gli operai
stanno cercando di fronteggiare il regime schiavistico imposto dalla
grande distribuzione attraverso il meccanismo della somministrazione
di lavoro garantito dal sistema cooperativistico.
Questa ulteriore puntata ha un significato particolare: è il prodotto
della vittoria ottenuta a Brembio un anno e mezzo fa nei confronti
della FIEGE Borruso essendo stati alcuni degli operai protagonisti di
quella battaglia a fornire il contatto.
Il presidio, fortemente voluto dagli operai, si trasforma
immediatamente in un picchetto che blocca le merci in entrata e
convince la maggioranza degli operai ad aderire alla lotta; sul
tappeto, come al solito, rivendicazioni economiche basilari, legate
alla truffa perpetuata tramite un sistema di pagamento che erode in
maniera sistematica il loro salario (azzeramento scatti di anzianità,
straordinari (sotto)pagati in nero, mancati passaggi di livello,
negazione dell’indennizzo mensa) in misura di oltre 250 euro mensili.
Ma anche in questo caso, la molla che scatena la voglia di
protagonismo degli operai, va al di là delle questioni economiche e
coinvolge in maniera diretta la sete di dignità dei lavoratori, per il
99% immigrati. Da aggiungere, a mo’ di premessa, che gli operai
dipendono, attraverso la cooperativa Asso srl, dal Consorzio CAL, lo
stesso che impiega la sua manodopera presso la Bennet di Origgio e
Turate.
La cronaca della mattinata rispecchia quanto già visto in altre
occasioni: l’effetto sorpresa la fa da padrone, i camion cominciano ad
ammucchiarsi all’ingresso dei cancelli picchettati, i caporali vanno
in affanno, i potenziali crumiri per lo più non osano affrontare il
picchetto, la produzione si blocca, il danno si accumula. Dopo un paio
d’ore si contano tre macchine e un cellulare dei carabinieri che, in
maniera piuttosto blanda, cercano di dissuadere gli operai dal
continuare il picchetto intimando loro di lasciar passare i camion ma
poi, di fronte al rifiuto di arretrare….entrano in azienda a far
finta di cercare lavoratori in nero regolarmente utilizzati dalla
cooperativa per far fronte ai picchi di lavoro di fine mese. Infine
giunge sul luogo il responsabile della CAL (tal Chiari, già conosciuto
ad Origgio tre anni fa) che si dichiara disponibile ad accogliere le
richieste degli operai fissando quindi un incontro definitorio per
giovedì-venerdì di questa settimana, senza rinunciare a segnalare le
condizioni di difficoltà in cui versa il consorzio in relazione alla
dichiarata volontà di Ceva di mollare l’impianto e trasferire la
produzione altrove…causa crisi.
Non è dato sapere allo stato attuale come si “concluderà” la
questione, ed è lecito pensare che la “trattativa” di oggi contenga un
elemento di temporeggiamento finalizzato a garantire la ripresa
dell’attività giornaliera (in ogni caso compromessa dallo sciopero). E
tutto sommato non è nemmeno qui la questione fondamentale. Ciò che più
conta è che, ancora una volta, si è espressa una precisa e determinata
volontà di lotta da parte di una porzione di classe operaia i cui
collegamenti sociali sul territorio sono forieri di ulteriori
evoluzioni decisive per il futuro che tutti ci riguarda e che
tracciano una prospettiva della massima importanza per le sorti
dell’insieme dei lavoratori.
Seguiranno nei prossimi giorni comunicazioni dettagliate sull’esito
sindacale della vertenza e, molto più probabilmente, sugli ulteriori
appuntamenti di lotta che si renderanno necessari per piegare
l’arroganza padronale e proseguire un percorso di costruzione che non
accenna ad arrestarsi.

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FINCANTIERI e il terzo principio della dinamica

La lotta degli operai della Fincantieri è esplosa ed essa dimostra, come ogni vera lotta, chi sta con il proletariato e chi con la borghesia.

Apprendiamo da un articolo della Repubblica on line (http://napoli.repubblica.it/cronaca/2011/05/24/news/fincantieri_tensioni_a_castellammare_gli_oeprai_occupano_il_comune-16668245/?ref=HRER1-1) alcune dichiarazioni del sindaco di Castellammare di Stabia che vogliamo riportare.

Prima dichiarazione, dopo l’azione degli operai nel comune:

Comportamenti così non li hanno gli operai veri, anche se pieni di rabbia, sono certo che c’erano infiltrati della camorra”.

Seconda dichiarazione, dopo il blocco della statale sorrentina da parte degli operai:

C’è differenza tra la difesa dei diritti e farla passare attraverso il compimento di reati. Questo non aiuta e non attira le simpatie dell’opinione pubblica”.

E’ quasi inutile ribadire come tutti, in primis i sindacati ufficiali, siano d’accordo con le parole e la logica del suddetto sindaco.

Ma ci chiediamo e vi chiediamo, sono parole e logiche adeguate a quello che sta accadendo quelle espresse nell’articolo di repubblica?

Facciamo un passo indietro.

Chiunque abbia lavorato da salariato, e soprattutto da operaio conosce bene la violenza che si annida in ogni aspetto della vita di fabbrica o sul posto di lavoro. Gerarchia, ritmi di lavoro, insicurezza (con relativi feriti, invalidi e morti a decine di migliaia), sfruttamento e usura profonda delle menti e delle membra, per citarne solo alcune, sono la naturale quotidianità di umiliazioni e sofferenze imposte ai lavoratori. Quanti morti e feriti in nome del profitto? E tutto questo viene definita illegalità? Non sia mai si chiama civiltà, modernità, progresso!

E se dalla fabbrica ci spostiamo agli aspetti più generali come salari da fame, precarizzazione estrema dei rapporti di lavoro, ghettizzazione urbanistica, criminalizzazione dei proletari immigrati ed altro ancora, la formula non cambia. Questa per la borghesia non è violenza, ma civiltà, modernità, progresso.

E se infine guardiamo alla gestione della società e scopriamo che in nome del profitto si indicono continue ed infinite guerre, si inquina progressivamente e profondamente il pianeta, si rende ogni aspetto della vita una semplice appendice del denaro e dell’accumulazione di questo, si consumano in modo totale ogni risorsa organica ed inorganica patrimonio anche delle generazioni future, non è forse anche questa violenza? Non sia mai questa è civiltà è modernità è progresso!

E chi siamo noi per mettere in discussione questo?

Dunque quando gli operi subiscono tutto questo in silenzio sono simpatici ed onesti, quando reagiscono diventano immediatamente antipatici e camorristi. Come, quando i popoli del Maghreb si rivoltano contro i loro potenti, essi sono democraticissimi, quando invece siamo noi a rivoltarci contro i nostri di potenti siamo dei criminali? E dov’è la logica in questo ragionamento.

Che ci piaccia o no, che vi piaccia o no, una semplicissima regola di fisica, che viene definita terzo principio della dinamica, afferma che ad ogni azione prodotta su un corpo A corrisponde sempre una reazione su un altro corpo B uguale e contraria. E se A e B si chiamano proletariato e borghesia, la formuletta elementare non cambia.

Cosa dovrebbero dunque fare 2551 operai e operaie che a detta della Fincantieri, dovrebbero rimanere a casa, in una situazione come quella attuale in cui nessuna altra possibilità lavorativa esiste per queste persone?

Ognuno la può pensare come vuole ma il dato di fatto è che la protesta ha già ottenuto un primo risultato: l’apertura immediata di un tavolo di trattative.

Ci dicano loro, ci dica il sindaco di Castellammare di Stabbia, i sindacati e l’intera borghesia cosa dobbiamo fare.

Mentre noi perdiamo il posto di lavoro e veniamo ridotti alla precarietà e alla povertà, malgrado anni ed anni di duro lavoro, enormi fette della borghesia si arricchisce e dimostra tutta la propria decadenza, ogni giorno.

Ed allora di che cosa ci si stupisce se alla violenza quotidiana del sistema si reagisce con violenza uguale e contraria?

Perché alla borghesia è concesso l’uso della violenza per garantire i propri profitti e la propria agiatezza e questa stessa possibilità non viene concessa quando sono gli operai a lottare per cercare di reagire alla possibilità concreta di cadere nella più nera miseria?

Dimenticavamo di sottolineare che queste domande non sono rivolte ai padroni ed ai loro lacché ma sono rivolte agli operai a tutti gli operai…

 

ontanorosso

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Presidio dell’assemblea delle scuole di bologna

Davanti all’usr di via de Castagnoli 1,l’assemblea composta da insegnanti e genitori delle scuole di Bologna e provincia ha dato il via oggi pomeriggio ad un presidio  che durerà tutti i pomeriggi dal 19 al 26 maggio dalle ore 18 alle 19.Per ulteriori informazioni

www.assembleascuolebo.org

 

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Il silenzio degli innocenti…!

… cosi si va la massacro…

Traiamo da un articolo delle “Repubblica on- line” (http://bologna.repubblica.it/cronaca/2011/04/23/news/pasqua_nelle_fabbriche_tra_crisi_e_speranze-15288341/) una lista, sicuramente approssimata per difetto, sull’attuale situazione in provincia di Bologna delle aziende in crisi. L’elenco comprende: Verlicchi, Malaguti, Mandarina Duck, Demm, Ocem, Eurodent, e poi ancora Oerlikon, ex Manifattura Tabacchi, ma ci si è dimenticati della Alstom, della ITC, della Powerlog, dei lavoratori del centro meccanografico delle Poste e di quelle centinaia e centinaia di lavoratori atipici, precari, in nero, che ogni giorno prestano il loro lavoro per le più disparate mansioni, a salari di fame.

Cosa fanno i sindacati, tutti i sindacati?

Essi continuano a tenere ben separate ogni realtà in crisi, affrontandole come se fossero una singolarità in un mare di serenità paradisiaca.

Cosa fanno gli operai e i lavoratori?

Accettano ancora che padroni e sindacati li tengano separati e indeboliti, cedendo alle proprie paure ed incapacità. (ottenendo alla fine solo una generica tutela legale. Non siamo forse capaci di andare da soli da un avvocato?)

Cosa si dovrebbe fare?

Riunire tutte le situazione in crisi, guardarsi negli occhi, discutere ed arrivare a comprendere che l’unica soluzione accettabile anche per i singoli, è rappresentata dalla presa di coscienza della propria forza collettiva.

Si parla tanto di diritti, di dignità, ma non si comprende che i diritti di cui si parla sono stati il frutto di decenni e decenni di dura lotta dei nostri padri e dei nostri nonni, con morti, feriti, arresti, confini ecc. Si parla di dignità e non si vuole comprendere che la dignità di un uomo, la dignità di un proletario non deve e non può essere elemosinata all’esterno, elemosinata al nemico di classe e ai suoi lacché; al contrario la dignità è una caratteristica interna, connaturata all’individuo e nel caso dei proletari è salva ed affermata solo se tutti noi siamo in grado di riprendere in mano il nostro destino.

Non ci stancheremo mai di ripeterlo. A Bologna esiste l’Assemblea proletaria che è un ambito genuinamente operaio e proletario e che è nato proprio per mettere insieme, coordinare, e escogitare soluzioni di classe alla crisi che ogni giorno di più affonda i suoi feroci canini nelle carni di un proletariato esangue ed indebolito.

Sarebbe già un grosso successo se le aziende qui citate iniziassero un percorso di unione per la lotta, per la lotta intransigente per la difesa delle nostre condizioni di vita e di lavoro.

SVEGLIAMOCI!!!

 

… fermateci ora se siete capaci!..

 

ontanorosso

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Il famelico branco delle “hyaena plaudite”

La sindrome del branco annulla ogni singola individualità e ad essa sostituisce una individualità collettiva. Questa, in date situazioni, fa emergere in tutta la sua limpidezza, l’animo più nero che alberga in ogni suo singolo componente, esaltando e moltiplicando la sua verace essenza, svelandone infine tutta la carica negativa, violenta e predatoria della sua intima natura. In questi giorni abbiamo assistito ad un esempio lampante di ciò che abbiamo appena sostenuto.

In una sala di Bergamo, colma della peggiore specie umana – quegli imprenditori, borghesi predatori di vite e energie proletarie – è andato in scesa un fragoroso, continuato e liberatorio applauso. A cosa si è dovuta questa ovazione? La sala, in cui era riunito il branco, evidentemente compresso e preoccupato, voglioso di poter esprimere liberamente i propri reconditi e sinceri pensieri, è letteralmente esplosa in un sabba di battimano all’entrata dell’amministratore delegato della Thyssen Group.

Questa persona è accusata e condannata in prima istanza a 16 anni per omicidio volontario di 7 operai suoi dipendenti, in un drammatico rogo scoppiato nelle acciaierie di Torino nel 2007; rogo avvenuto proprio a seguito di nefaste decisioni assunte da questo figuro e dai suoi superiori.

Ci permettiamo allora di avanzare la seguente riflessione: premesso che utilizziamo la semplice convenzione sociale, universalmente adottata, nella quale chi applaude approva, e chi fischia disapprova, possiamo allora dedurre che decine e decine di imprenditori approvano – e si spellano le delicate e curate mani per dimostralo – i comportamenti tenuti dal a. d. di Thyssen Group. Proprio la spontaneità del gesto conferma questa nostra tesi e certo non migliorano la situazione le pelose scuse presentate dal direttore generale di Confindustria (il nome con cui il branco si presenta e in cui si riconosce). Egli infatti, dopo formali e sentitissime scuse, avanza un ma, e sottolineiamo 1000 volte questo ma, nel quale spiega a suo modo il fattaccio, avvenuto secondo lui, in quanto “le imprese si trovano preoccupate per l’estrema incertezza del diritto in Italia”.

Come a dire: “ I fatti della Thyssen non ricadono in una fattispecie penale giuridica. I fatti della Thyssen sono fatti economici. Non è omicidio, per dio! È economia!”.

I proletari sanno fin troppo bene che sull’altare di questa economia, altare sacro anche per i giudici borghesissimi dello Stato, il branco pretende e spesso ottiene, soprattutto in tempi di crisi, che venga immolato l’agnello sacrificale. E di qui il distinguo, lo stupore, lo sdegno del branco e del suo direttore generale. Non si può condannare un imprenditore se egli ha cercato di estrarre qualche euro in più di profitto. Questo profitto infatti è finito, in una economia come la nostra, anche nelle tasche di chi oggi con l’applicazione di una giustizia incerta ha calpestato il procedere del progresso e quindi di una giustizia certa. Ovvero la società è cosa nostra e quindi non disturbate il manovratore.

 

Finiamola qua e concludiamo. Non saremo certamente noi a chiedere che la giustizia per la morte dei nostri compagni sia decretata da borghesissimi tribunali, e non saremo certo noi a dichiaraci soddisfatti anche se un domani le inspiegabili condanne verranno confermate dai successivi gradi di giudizio. Al contrario ci chiediamo e vi chiediamo cari fratelli e compagni proletari: che cosa intendiamo fare? Vogliamo accettare supinamente il ruolo di agnello sacrificale, ancora per decenni o secoli? Vogliamo continuare a versare il nostro sangue sull’altare di un profitto e di una ricchezza prodotta dalle nostre membra e dalla nostra fatica quotidiana; ricchezza che malgrado questo neppure lontanamente ci sfiora? Vogliamo accettare di essere paragonati alla stregua di una macchina, di una merce, che in dati casi è non solo auspicabile ma doveroso eliminare per colmare gli stomaci ed i portafogli del famelico branco e delle sue leggi economiche? Vogliamo rimanere inermi di fronte ad una borghesia che applaude impunita un suo membro giudicato colpevole di omicidio volontario di nostri sette compagni?

Quand’è che ci organizzeremo per costruire un fronte compatto e potente che imponga al branco la nostra economia di specie e la nostra giustizia di classe, liberandoci definitivamente del ruolo impostoci di agnello sacrificale?

 

ontanorosso

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